Acne e Alimentazione


“Dott.ssa buongiorno, 

ho trovato il suo numero di internet. Ho un problema di acne, ho fatto i dosaggi ormonali ed è tutto a posto. Il ginecologo mi ha detto che potrebbe essere una questione alimentare. Mi può aiutare?”

L’acne è una delle condizioni dermatologiche più comuni nel mondo1. Siamo abituati a pensare che l’acne sia un problema adolescenziale. In effetti, la prevalenza è più alta negli adolescenti e nei giovani adulti e diminuisce dopo i 30 anni. Tuttavia, l’incidenza sopra i 40 anni è in aumento soprattutto nelle donne2

La comprensione della patogenesi dell’acne è ancora in evoluzione tuttavia si sa che i fattori che influiscono sono molteplici e tra questi:

-le influenze genetiche,

-ormonali,

-infiammatorie,

-ambientali.

 

Data la sua implicazione in molti di questi fattori non è difficile pensare che la dieta possa avere un effetto benefico.

Non dimentichiamo che mangiamo dalle tre alle cinque volte al giorno ed è impossibile pensare che quello che ingeriamo in qualche modo non influenzi il nostro stato di salute.  

 

Vediamo insieme a cosa fare attenzione:

 

Carico glicemico del pasto (ecco un articolo che spiega cos’è il carico glicemico e perché è più importante dell’indice glicemico https://specialistanutrizionista.it/blog/indice-o-carico-glicemico/). Diversi studi hanno dimostrato che individui con acne che consumano diete a basso carico glicemico hanno lesioni da acne ridotte rispetto agli individui con diete ad alto carico glicemico. Infatti,una dieta a basso indice glicemico riduce l’indice di androgeni liberi e aumenta la proteina-3 che lega il fattore di crescita dell’insulina e riduce anche i livelli di IGF-1, che è implicato nella produzione di sebo e nell’occlusione follicolare3.

A volte mi viene detto: “Dott.ssa ho anche eliminato tutto il cioccolato dall’alimentazione”.

Il cioccolato è sempre stato considerato un fattore che può contribuire all’esacerbazione dell’acne, ma esiste una quantità molto limitata di prove a sostegno del suo impatto negativo sulla pelle. Ovviamente, come sempre l’equilibrio è la parola d’ordine per cui tanto dipende anche dalla quantità di cioccolato che si è abituati a consumare.

In alcuni casi, una riduzione del consumo potrebbe avere effetti benefici4.

 

I latticini5. Le proteine ​​del siero sono responsabili degli effetti insulinotropici del latte e possono contribuire allo sviluppo dell’acne. E’ stato dimostrato che la caseina stimola l’IGF-1. Questa potrebbe essere una spiegazione del perché coloro che assumono integratori derivati da siero di latte, pratica comune nei centri fitness e nelle palestre, vedono un inizio o un aggravamento dell’acne.

 

Consumo di acidi grassi omega-3 e acido γ-linoleico6. Gli studi dimostrano che gli individui con acne beneficiano di diete a base di pesce e oli sani, frutta secca e semi aumentando così l’assunzione di acidi grassi omega-3 e omega-6. È stato dimostrato che gli acidi grassi Omega-3 riducono l’IGF-1 e inibiscono anche la sintesi del leucotriene infiammatorio B4, che a sua volta riduce le lesioni infiammatorie dell’acne.  Diversi studi mostrano come l’aggiunta di un integratore di acidi grassi omega-3 o di un integratore di acido γ-linoleico riduca significativamente il numero di lesioni infiammatorie e non infiammatorie.

 

Probiotici7 in individui con acne presentano risultati promettenti; sono necessari ulteriori studi sugli effetti dei probiotici sull’acne per supportare i risultati di questi primi studi. Tuttavia, è stato dimostrato che la somministrazione concomitante di una miscela probiotica, tra cui Lactobacillus casei, Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus, e acidi grassi, aumenta i livelli ematici di acidi grassi antinfiammatori. Inoltre, sia nell’acne che nella disbiosi intestinale, è stata osservata un’aumentata espressione della sostanza P che può innescare un aumento dei mediatori proinfiammatori come l’interleuchina-6 e il fattore di necrosi tumorale-α, entrambi implicati anche nella patogenesi dell’acne.

 

Le specie reattive dell’ossigeno prodotte dai neutrofili partecipano alla progressione infiammatoria dell’acne. Le specie reattive dell’ossigeno vengono normalmente rimosse da antiossidanti cellulari come la glucosio-6-fosfato deidrogenasi e la catalasi, entrambe presenti in piccole quantità nei pazienti con acne. L’utilizzo di integratori antiossidanti posso essere quindi una buona strategia coadiuvante nel trattamento dell’acne8.

 

Selenio8. Nei pazienti con acne sono stati documentati bassi livelli di selenio nel sangue. Poiché l’attività dell’enzima glutatione perossidasi dipende dal selenio è possibile che anche  l’integrazione di selenio possa essere utile nell’acne.

 

Zinco9. Lo zinco è un micronutriente essenziale per lo sviluppo e il funzionamento della pelle umana. È batteriostatico, inibisce la chemiotassi e riduce la produzione di citochine pro-infiammatorie e del fattore di necrosi tumorale α (TNF-α). Come dico sempre è importantissimo rivolgersi ad un professionista e non utilizzare gli integratori a caso. Anche gli integratori infatti possono dare effetti collaterali. Per esempio, l’integrazione di zinco può portare a diversi effetti collaterali gastrointestinali che possono essere ridotti consumando zinco direttamente dopo i pasti. Inoltre, poiché lo zinco riduce l’assorbimento del rame, è importante associare l’integrazione di zinco a quella di rame.

 

Vitamina A10. La vitamina A è un gruppo di composti che si sono dimostrati efficaci nel trattamento dell’acne. In questo caso è essenziale bilanciare bene l’alimentazione in modo da consentire all’organismo di assorbire questa importante vitamina. Si trova principalmente nelle verdure di colore rosso e nei prodotti di origine animale. E’ una vitamina liposolubile sensibile al calore. Da qui l’importanza di mangiare frutta e verdura cruda in caso di acne.

 

Il grande problema dell’alimentazione è che gli effetti di un’alimentazione scorretta non sono facilmente riconducibili ad essa. Capita spesso di sentirmi dire: “ Non credo sia una questione alimentare. Ho sempre mangiato così e questo problema mi è comparso nel tempo.”

Qualcuno diceva:

“Il cibo che mangi può essere o la più sana e potente forma di medicina o la più lenta forma di veleno”. (Ann Wigmore) 

Ed è proprio così… ed è un veleno potentissimo perchè non ti fa ammalare istantaneamente ma il suo lavoro è lento e profondo.

 

  1. Epidemiology of acne in the general population: the risk of smoking. T Schäfer, A Nienhaus, D Vieluf, J Berger, J Ring
  2. The prevalence of acne in adults 20 years and older. Christin N Collier, Julie C Harper, Jennifer A Cafardi, Wendy C Cantrell, Wenquan Wang, K Wade Foster, Boni E Elewski
  3. A pilot study to determine the short-term effects of a low glycemic load diet on hormonal markers of acne: a nonrandomized, parallel, controlled feeding trial. Robyn Smith, Neil Mann, Henna Mäkeläinen, Jessica Roper, Anna Braue, George Varigos
  4. Double-blind, placebo-controlled study assessing the effect of chocolate consumption in subjects with a history of acne vulgaris.  Caperton C, Block S, Viera M, Keri J, Berman B
  5. Milk consumption and the prepubertal somatotropic axis. Rich-Edwards JW, Ganmaa D, Pollak MN, Nakamoto EK, Kleinman K, Tserendolgor U, Willett WC, Frazier AL
  6. Omega-3 fatty acids and acne. Logan A.
  7. The gut microbiome as a major regulator of the gut-skin axis. Salem I, Ramser A, Isham N, Ghannoum M.
  8. Diet and acne. Bowe WP, Joshi SS, Shalita AR
  9. A double-blind study of the effect of zinc and oxytetracycline in acne vulgaris. Michaëlsson G, Juhlin L, Ljunghall K
  10.  Oral vitamin A in acne vulgaris. Preliminary report.
  11. Kligman AM, Mills OH Jr, Leyden JJ, Gross PR, Allen HB, Rudolph RI

Reflusso gastroesofageo e dieta


Dott.ssa soffro di reflusso!

L’incidenza del reflusso gastroesofageo nella popolazione è molto elevata: si stima che un terzo delle persone nel mondo soffra di reflusso1. I fattori di rischio per lo sviluppo dei sintomi includono l’adiposità centrale, il fumo e la predisposizione genetica2. I sintomi più comuni sono:

bruciore al torace a livello sternale;

rigurgito di liquidi o cibo;

sviluppo di infiammazione esofagea che può portare a disfunzioni della deglutizione3;

tosse;

broncospasmi;

raucedine4.

La terapia farmacologica e le modifiche dello stile di vita sono i trattamenti principali tuttavia negli ultimi anni sempre di più sono gli studi sugli effetti collaterali degli inibitori di pompa5.

E allora non ci rimane che la modifica dello stile di vita con modifiche della dieta, gestione del peso, eliminazione delle sigarette.

La dieta umana è composta da tre principali tipi di macronutrienti, che hanno diverse densità caloriche

e composizione biochimica.

Questi componenti dietetici vengono scomposti per produrre energia e

sostenere il metabolismo cellulare.

I tre macronutrienti includono carboidrati, grassi e proteine.

I carboidrati tradizionalmente costituiscono la maggior parte delle calorie ingerite e fungono da importante fonte di glucosio.

Il grasso è il macronutriente più calorico, con ogni grammo di grasso pari a nove chilocalorie di energia (al contrario alle quattro chilocalorie di energia presenti nei carboidrati

e proteine).

Come i carboidrati, i grassi sono classificati in base alla composizione chimica.

Si distinguono grassi saturi, che non contengono doppi legami carbonio-carbonio, grassi monosaturi, che contengono un doppio legame, e grassi polinsaturi, che contengono più di un doppio legame.

Le proteine ​​sono costituite da aminoacidi e sono le principali fonte di azoto nel corpo.

Sono classificati in base al loro profilo aminoacidico, che determinano se una proteina è completa (contiene tutti gli amminoacidi essenziali che non sono sintetizzati endogenamente dall’organismo) o incompleta.

In caso di reflusso è molto importante avere una “dieta” bilanciata.

Come ho detto in precedenza, i carboidrati hanno una funzione importantissima in un piano alimentare bilanciato per cui anche in caso di reflusso non vanno eliminati tuttavia andrebbero ridotti gli alimenti ricchi di amidi e disaccaridi che vengono solo parzialmente assorbiti dall’intestino tenue e portano a fermentazione, rilascio neuro-ormonale, rilassamento dello sfintere esofageo inferiore e conseguente bruciore di stomaco6.

Numerosi studi inoltre dimostrano che un aumento delle fibre riduce i sintomi da reflusso in maniera significativa7.

Tuttavia, il meccanismo con cui la fibra migliora il bruciore di stomaco non è nota.

Pochi studi hanno esaminato il ruolo delle proteine ​​alimentari in relazione al reflusso tuttavia nei pochi studi presenti viene dimostrato come l’assunzione eccessiva di proteine determini un aumento della pressione sullo sfintere esofageo inferiore8.

Diete ad alto contenuto di grassi, in particolare quelle che includono fritto, si ipotizza che peggiorino i sintomi del reflusso.

La digestione del grasso spesso richiede la secrezione di potenziali irritanti esofagei (cioè sali biliari) e neuro-ormonali, mediatori del tono dello sfintere esofageo inferiore come la colecistochinina.

Prendendo in esame specifici alimenti, il cioccolato, che contiene sia la caffeina che il cacao, induce il rilassamento dello sfintere esofageo inferiore9. Stesso effetto lo otteniamo con la menta piperita10.

Al contrario, i cibi piccanti non sembrano indurre alcun cambiamento fisiologico, ma possono agire come

irritante della mucosa esofagea11.

Ovviamente, oltre ad una dieta bilanciata che preveda l’esclusione anche di alcool e bevande acide e zuccherine, è importante evitare di mangiare a tarda notte e ridurre le porzioni e la quota calorica del pasto.

Anche in questo caso come dico sempre, in un piano alimentare è l’equilibrio che fa la differenza.

Ricordiamoci tuttavia che un piano alimentare bilanciato non può fare miracoli in pochi giorni.

Spesso si pretende di risolvere delle situazioni che ci portiamo addosso da anni in poco tempo come se esistesse una pozione miracolosa che tutto risolve allo schioccare delle dita.

Il corpo è una macchina meravigliosa e anche quando lo trattiamo male ci mette magari mesi o anni per manifestare i sintomi del malessere, che molto spesso ignoriamo.

Quando alla fine non riusciamo più a non vederli cerchiamo di ricorrere ai ripari spesso pensando che basta rimettere benzina buona nella macchina per farla ripartire.

In realtà, il corpo avrà bisogno di tempo per ripulirsi dalla benzina vecchia e dannosa e prendere energia e vigore da quella nuova e bilanciata.

Un piano alimentare, in caso di reflusso, darà i suoi frutti dopo circa due mesi o anche più in alcuni casi.

 

  1. El-Serag HB, Sweet S, Winchester CC, et al. Update on the epidemiology of gastro-oesophageal reflux disease: A systematic review. Gut 2014;63:871-80.
  2. Ness-Jensen E, Hveem K, El-Serag H, et al. Lifestyle intervention in gastroesophageal reflux disease. Clin Gastroenterol Hepatol 2016;14:175.
  3. Spechler SJ. Clinical manifestations and esophageal complications of GERD. Am J Med Sci 2003;326:279-84.
  4. Vela, MF, Richter, JE, Pandolfino, JE, editors. Practical manual of gastroesophageal reflux disease Portland: Ringgold, Inc; 2013.
  5. Vaezi MF, Yang YX, Howden CW. Complications of proton pump inhibitor therapy. Gastroenterology 2017;153:35-48.
  6. Piche T, des Varannes SB, Sacher-Huvelin S, et al. Colonic fermentation influences lower esophageal sphincter function in gastroesophageal reflux disease. Gastroenterology 2003;124:894-902.
  7. Morozov S, Isakov V, Konovalova M. Fiber-enriched diet helps to control symptoms and improves esophageal motility in patients with non-erosive gastroesophageal reflux disease. World J Gastroenterol 2018;24:2291-9.
  8. Benamouzig R, Airinei G. Diet and reflux. J Clin Gastroenterol 2007;41 Suppl 2:S71.
  9. Babka JC, Castell DO. On the genesis of heartburn. The effects of specific foods on the lower esophageal sphincter. Amer J Dig Dis 1973;18:391-7.
  10. Benamouzig R, Airinei G. Diet and reflux. J Clin Gastroenterol 2007;41 Suppl 2:S71.
  11. Yeoh KG, Ho Ky, Guan R, et al. How does chili cause upper gastrointestinal symptoms? A correlation study with esophageal mucosal sensitivity and esophageal motility. J Clin Gastroenterol 1995;21:87-90.

La fermentazione


La fermentazione è una tecnica di conservazione che esiste da milioni di anni1 e che al giorno di oggi ha visto una crescente popolarità che ha portato a incomprensioni e domande, prima fra tutte quale è la definizione di cibo fermentato.

La lunga durata di conservazione dei cibi fermentati e la rimozione di alcuni composti nocivi durante il processo di fermentazione serve ancora nelle regioni del mondo che hanno una bassa sicurezza alimentare e uno scarso accesso alla refrigerazione, all’elettricità e all’acqua pulita. Tuttavia, anche nelle società in cui l’igiene e la conservazione non sono un problema, i cibi fermentati costituiscono una parte importante della dieta dell’essere umano.

Si stima, infatti che attualmente siano prodotte più di 5.000 varietà di cibi e bevande fermentati.

Ma qual è la definizione di cibo fermentato?

I cibi fermentati sono “cibi realizzati attraverso la crescita di microrganismi voluti e che determina la modificazione enzimatica delle sue componenti “2

La definizione include cibi e bevande prodotti dalla fermentazione ma che potrebbero non avere microrganismi viventi al momento del consumo.

Alimenti fermentati, come il pane, vengono cotti dopo la fermentazione, uccidendo i microrganismi di fermentazione e la produzione di alcuni alimenti fermentati (ad esempio, la maggior parte birre e vini) include alcuni passaggi che rimuovono i microrganismi vivi dai prodotti finiti.

I principali microrganismi utilizzati nei processi di fermentazione sono batteri lattici (LAB), batteri acetici (AAB), bacilli o altri batteri, lieviti o funghi filamentosi. I batteri lattici sono un gruppo di batteri Gram-positivi e sono tra i microrganismi più importanti e ampiamente utilizzati nella fermentazione dei prodotti lattiero-caseari, della carne, dei cereali e dei vegetali3.

Oltre ai batteri lattici, alcuni alimenti fermentati come il Natto o l’aceto sono prodotti con specie particolari di Bacillus e batteri acetici, rispettivamente.

Per il pane, vino, birra o alcune fermentazioni alcoliche generalmente vengono utilizzati funghi, lieviti produttori di etanolo, della specie dei Saccharomyces.

Penicillium, Aspergillus e Rhizopus sono usati per i latticini, la carne e prodotti a base di soia.

Se fatti correttamente da ingredienti sicuri e sani, i cibi fermentati raramente sono pericolosi4. Ciò nonostante, alcuni formaggi e cibi fermentati a bassa acidità possono essere contaminati da Listeria

monocytogenes, Salmonella, Clostridium botulinum o altri patogeni di origine alimentare5,6.

L’alcol (ad esempio, vino, birra e liquori) e il sale (ad esempio, salsa di soia o kimchi) sono costituenti intrinseci di alcuni alimenti fermentati e dovrebbero essere consumati con moderazione.

Istamina, tiramina e altre ammine biogene sono formate da alcuni batteri lattici tramite la decarbossilazione degli amminoacidi durante la fermentazione di formaggi, carni, verdure, semi di soia e vino7. Queste ammine, se i nostri sistemi di detossicazione non sono molto efficienti, possono causare effetti come l’emicrania8.

Nonostante queste contrindicazioni, è una tecnica che può migliorare le proprietà degli alimenti trasformando materie prime insipide in prodotti nutrienti e appetibili. Inoltre, può anche migliorare la sicurezza alimentare e la qualità nutritiva rimuovendo sostanze tossiche o composti anti nutritivi dalle materie prime. Un esempio è la rimozione di composti tossici durante la fermentazione di cereali, legumi e tuberi.

Durante le fermentazioni a lievitazione naturale, alcuni batteri lattici facilitano la degradazione dei fitati, composti presenti nei cereali che riducono l’assorbimento nel tratto gastrointestinale di calcio, magnesio e zinco9.

Inoltre, la fermentazione riduce la concentrazione di monosaccaridi e disaccaridi ipercalorici come glucosio, saccarosio e fruttosio presenti nel latte, carne e verdure. La riduzione degli zuccheri riduce l’indice glicemico10,11 e migliora la tollerabilità alimentare. Nei cibi contenenti polifenoli, la conversione di composti fenolici da parte dei lattobacilli11 aumenta la biodisponibilità di flavonoidi, tannini e altri composti bioattivi12,13.

Insomma, i benefici sono tanti e seppur i microrganismi contenuti nei cibi fermentati non sopravvivono a lungo nell’intestino, la colonizzazione a breve termine è sufficiente per sintetizzare composti bioattivi e inibire i patogeni intestinali.

Secondo alcuni studi, gli alimenti fermentati possono influenzare la composizione del microbiota intestinale14 e se consumati durante la prima infanzia riducono il rischio di dermatiti atopiche e allergie15.

Insomma, come abbiamo sempre detto una alimentazione sana è caratterizzata essenzialmente da equilibrio e inserire nella nostra alimentazione in maniera equilibrata i prodotti fermentati non può che fare bene alla nostra salute. La cosa importante è che siano prodotti sicuri.

 

1.Arranz-Otaegui, A., Gonzalez Carretero, L., Ramsey, M. N., Fuller, D. Q. & Richter, T. Archaeobotanical evidence reveals the origins of bread 14,400 years ago in northeastern Jordan. Proc. Natl Acad. Sci. USA 115, 7925–7930 (2018)

2.Health benefits of fermented foods: microbiota and beyond.

Marco ML, Heeney D, Binda S, Cifelli CJ, Cotter PD, Foligné B, Gänzle M, Kort R, Pasin G, Pihlanto A, Smid EJ, Hutkins R

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3.Gänzle, M. G. Lactic metabolism revisited: metabolism of lactic acid bacteria in food fermentations and food spoilage. Curr. Opin. Food Sci. 2, 106–117 (2015)

4.Arranz-Otaegui, A., Gonzalez Carretero, L., Ramsey, M. N., Fuller, D. Q. & Richter, T. Archaeobotanical evidence reveals the origins of bread 14,400 years ago in northeastern Jordan. Proc. Natl Acad. Sci. USA 115, 7925–7930 (2018)

5.O’Connor, P. M., Ross, R. P., Hill, C. & Cotter, P. D. Antimicrobial antagonists against food pathogens: a bacteriocin perspective. Curr. Opin. Food Sci. 2, 51–57 (2015).

6. Nout, M. J. R. Fermented foods and food safety. Food Res. Int. 27, 291–298 (1994)

7.Spano, G. et al. Biogenic amines in fermented foods. Eur. J. Clin. Nutr. 64 (Suppl. 3), S95–S100 (2010).

8.Alvarez, M. A. & Moreno-Arribas, M. V. The problem of biogenic amines in fermented foods and the use of potential biogenic amine-degrading microorganisms as a solution. Trends Food Sci. Technol. 39, 146–155 (2014).

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10.Capurso, A. & Capurso, C. The Mediterranean way: why elderly people should eat wholewheat sourdough bread-a little known component of the Mediterranean diet and healthy food for elderly adults. Aging Clin. Exp. Res. 32, 1–5 (2020).

11.Wolever, T. M. Yogurt is a low-glycemic index food. J. Nutr. 147, 1462s–1467s (2017).

12.Gaur, G. et al. Genetic determinants of hydroxycinnamic acid metabolism in heterofermentative lactobacilli. Appl. Environ. Microbiol. 86, e02461-19 (2020).

13.Septembre-Malaterre, A., Remize, F. & Poucheret, P. Fruits and vegetables, as a source of nutritional compounds and phytochemicals: Changes in bioactive compounds during lactic fermentation. Food Res. Intern. 104, 86–99 (2018).

14.Sun, B. et al. Evolution of phenolic composition of red wine during vinification and storage and its contribution to wine sensory properties and antioxidant activity. J. Agric. Food Chem. 59, 6550–6557 (2011).

15.Falony, G. et al. Population-level analysis of gut microbiome variation. Science 352, 560–564 (2016).

16. Hesselmar, B., Hicke-Roberts, A. & Wennergren, G. Allergy in children in hand versus machine dishwashing. Pediatrics 135, e590–e597 (2015

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