Microbiota e controllo assunzione cibo e sazietà
Nutrizione

Microbiota e controllo assunzione cibo e sazietà


Si parla tanto di microbiota e oramai sappiamo che i microbi della nostra flora intestinale influenzano il metabolismo, l’immunità e persino il comportamento, anche quello alimentare.

La fame è regolata da un meccanismo molto complesso, non ancora chiaro in tutti i suoi aspetti, che coinvolge numerosi mediatori di cui i più importanti sono il peptide YY, la leptina, la grelina e l’insulina.

Il peptide YY è un ormone prodotto dalle cellule intestinali dell’ileo e del colon e la sua funzione è quella di inibire le contrazioni intestinali, le secrezioni gastriche e intestinali riducendo la sensazione della fame.

 

La grelina viene prodotta dallo stomaco in teoria quando lo stomaco è vuoto cioè quando il soggetto avverte la sensazione della fame. Infatti è lo stimolo che attiva il centro della fame e ci spinge ad assumere cibo. La concentrazione di grelina diminuisce dopo i pasti, al dilatarsi delle pareti dello stomaco ed in funzione dell’arrivo di alcuni nutrienti specifici.

 

La leptina viene secreta dal tessuto adiposo e legandosi a recettori localizzati nel nostro cervello diminuisce la sensazione della fame. I livelli di leptina si innalzano in seguito all’assunzione di cibo e diminuiscono nel digiuno protratto.

 

L’insulina viene prodotta dalle cellule del pancreas in seguito all’aumento del glucosio nel sangue. Viene attivata principalmente dai carboidrati e zuccheri semplici e ha una funzione paragonabile alla leptina.

 

In questo articolo mi soffermo solo sul meccanismo omeostatico della fame e sulla funzione del microbiota nel regolare questi ormoni. Tuttavia, l’assunzione di cibo è influenzata anche dal centro di ricompensa e gratificazione che è un circuito presente nel nostro cervello responsabile della motivazione, dell’apprendimento, e delle emozioni positive, in particolare quelle che coinvolgono il piacere come componente fondamentale tra cui anche il piacere del cibo.

 

Capite quanto sia complesso l’atto del mangiare?!!

 

Ma torniamo a noi…

 

Uno dei ruoli del microbiota è quello di produrre, attraverso la fermentazione della fibra alimentare solubile, gli acidi grassi a catena corta o SCFA come l’acetato, il propionato e il butirrato, metaboliti importanti nel mantenimento dell’equilibrio intestinale1.

Oltre all’importante funzione sul benessere del nostro intestino, è stato dimostrato che gli SCFA influenzano anche il meccanismo omeostatico della fame perché stimolano il rilascio del peptide YY2 che abbiamo visto precedentemente essere un ormone responsabile della riduzione della fame.

Il microbiota sembra anche essere responsabile del rilascio di leptina infatti è stato visto che l’utilizzo di antibiotici nei ratti porta ad un drastico calo (circa 38%) dei livelli circolanti di leptina (ricordo che la leptina diminuisce la fame).

Inoltre, è stato dimostrato che ci sono batteri come i Bifidobacterium e Lactobacillus la cui presenza aumenta i livelli di leptina ed altri come Clostridium, Bacteroides e Prevotella la cui presenza è negativamente correlata con la presenza di quest’ormone3.

I Bifidobacterium e Lactobacillus sono stati dimostrati anche essere responsabili della diminuzione della secrezione di grelina3 (ormone che attiva il centro della fame e ci spinge ad assumere cibo).

Qui ho citato solo i batteri più conosciuti e ho cercato di semplificare enormemente il complesso meccanismo di intercomunicazione che c’è tra noi e i batteri della nostra flora intestinale tuttavia tantissimi altri batteri della nostra flora intestinale sono correlati positivamente o negativamente con gli ormoni che regolano il circuito omeostatico della fame.

E sapete qual è uno tra i più potenti modulatori della composizione e della funzione del microbiota?

La “dieta” intesa come regime alimentare. In un rapporto di scambio, i nutrienti che noi assumiamo modulano la composizione della nostra flora intestinale e i microbi intestinali a loro volta influenzano l’assorbimento, il metabolismo e lo stoccaggio dei nutrienti ingeriti, con effetti potenzialmente profondi sulla fisiologia dell’ospite4.

La cosa straordinaria è che ciascun nutriente ha la capacità di “rimodellare” la nostra flora intestinale.

Tra i macronutrienti, gli effetti meglio caratterizzati sono quelli dei carboidrati dietetici.

Carboidrati semplici come il saccarosio, sia da solo che come parte di una dieta ricca di grassi e zuccheri in stile occidentale, causano un rapido rimodellamento del microbiota e disfunzione metabolica negli animali da esperimento5,6.

I carboidrati non sono completamente digeribili dagli esseri umani e i microbi intestinali usano i carboidrati indigeribili come fonte di energia primaria. Il termine “fibra” è comunemente usato per descrivere questi carboidrati indigeribili, sebbene questa designazione sia problematica dato che alcune fibre non sono utilizzate dai microbi intestinali (come la cellulosa), mentre altri carboidrati facilmente fermentati non rientrano nella definizione di fibra (come amidi resistenti).

La restrizione di carboidrati complessi utilizzabili dalla nostra flora intestinale determina una riduzione della produzione di acidi grassi a catena corta o SCFA che abbiamo visto essere importanti nella riduzione della fame.

L’aumento, invece, dei grassi alimentari altera in modo sostanziale la composizione del microbiota con una diminuzione in Bacteroidetes e aumento in Firmicutes e Proteobacteria.

Ovviamente il tipo di grasso assunto modifica in maniera differente la nostra flora intestinale portando a conseguenze diverse sulla nostra salute. E’ stato dimostrato, infatti che i topi alimentati con una dieta ricca di grassi saturi a catena lunga derivati ​​principalmente da prodotti a base di carne hanno mostrato una maggiore resistenza all’insulina e infiammazione del tessuto adiposo rispetto a quelli nutriti con una dieta ricca di olio di pesce.

Anche le proteine ​ modulano la composizione microbica e la produzione di metaboliti perché forniscono ai microbi intestinali carbonio e azoto essenziali. Inoltre, gli SCFA derivino principalmente dalla fermentazione dei carboidrati tuttavia sono anche sottoprodotti del metabolismo batterico degli amminoacidi.

Anche i micronutrienti hanno un impatto reciproco sul benessere della nostra flora intestinale e del nostro organismo infatti il microbiota intestinale regola sia la sintesi che la produzione metabolica di vari micronutrienti. Le vitamine del gruppo B, ad esempio, possono essere sintetizzate da più di 100 specie batteriche e l’analisi dei percorsi di sintesi coinvolti suggerisce che i batteri scambiano in modo cooperativo le vitamine del gruppo B per garantire la sopravvivenza7.

La relazione tra le vitamine e il microbiota sembra essere bidirezionale perché diverse vitamine fornite dall’ospite modellano la composizione microbica.

Come le vitamine, i metalli sono cofattori necessari per numerosi processi fisiologici dei mammiferi e dei batteri e possono alterare drasticamente il microbiota.

La carenza di zinco, che è un forte fattore di rischio per la diarrea infantile potenzialmente fatale nei paesi in via di sviluppo, aumenta le popolazioni di batteri patogeni8.

Il ferro è un micronutriente essenziale per la crescita dei patogeni e limitare l’assunzione di ferro è una forma efficace di immunità nutrizionale contro l’insediamento dei patogeni.

Il latte materno umano trasmette la lattoferrina, una glicoproteina legante il ferro, per proteggere l’intestino del neonato non sviluppato dalla colonizzazione dei patogeni e l’integrazione di ferro nei neonati può aumentare la crescita dei patogeni e l’infiammazione intestinale9.

Dati recenti suggeriscono che gli effetti ipertensivi delle diete ad alto contenuto di sale negli animali da esperimento e nell’uomo sono mediati da livelli ridotti di Lactobacillus e successivi aumenti delle cellule proinfiammatorie10.

L’impatto degli additivi alimentari sul microbiota intestinale e sull’omeostasi intestinale rappresenta un’altra area poco studiata con potenziali implicazioni per la salute umana. Sebbene le conseguenze microbiche e sulla salute delle diete occidentali siano tipicamente attribuite alla composizione dei macronutrienti, diversi studi suggeriscono che gli effetti dannosi possono essere causati dagli additivi alimentari.

Vorrei sottolineare due cose in merito a quanto scritto:

  • La relazione tra noi e la nostra flora intestinale è molto complessa e influenza la nostra salute in toto. E’ molto complesso spiegare in modo semplice tale relazione per cui ho cercato di semplificare quanto più possibile.
  • Capite quanto le Kilocalorie non servano? E’ la composizione degli alimenti e la qualità della nostra alimentazione che consente il “modellamento” della nostra flora intestinale!

 

  1. Cho I, Yamanishi S, Cox L, et al. Antibiotics in early life alter the murine colonic microbiome and adiposity. Nature 2012;488:621–6.
  2. Cherbut C, Ferrier L, Roze C, et al. Short-chain fatty acids modify colonic motility through nerves and polypeptide YY release in the rat. Am J Physiol 1998;275:G1415–22.
  3. Queipo-Ortuno MI, Seoane LM, Murri M, et al. Gut microbiota composition in male rat models under different nutritional status and physical activity and its association with serum leptin and ghrelin levels. PloS One 2013;8:e65465.
  1. C. A. Herter, A. I. Kendall, J. Biol. Chem. 7, 203–236 (1910).
  2. K. H. Collins, H. A. Paul, D. A. Hart, R. A. Reimer, I. C. Smith, J. L. Rios, R. A. Seerattan, W. Herzog, A high-fat high-sucrose diet rapidly alters muscle integrity, inflammation and gut microbiota in male rats. Sci. Rep. 6, 37278 (2016). 10.1038/srep37278pmid:27853291
  3. R. Mastrocola, I. Ferrocino, E. Liberto, F. Chiazza, A. S. Cento, D. Collotta, G. Querio, D. Nigro, V. Bitonto, J. C. Cutrin, K. Rantsiou, M. Durante, E. Masini, M. Aragno, C. Cordero, L. Cocolin, M. Collino, Fructose liquid and solid formulations differently affect gut integrity, microbiota composition and related liver toxicity: A comparative in vivo study. J. Nutr. Biochem. 55, 185–199 (2018). 10.1016/j.jnutbio.2018.02.003pmid:29539590
  4. S. Magnúsdóttir, D. Ravcheev, V. de Crécy-Lagard, I. Thiele, Systematic genome assessment of B-vitamin biosynthesis suggests co-operation among gut microbes. Front. Genet. 6, 148 (2015). 10.3389/fgene.2015.00148pmid:25941533
  5. C. A. Lopez, E. P. Skaar, The impact of dietary transition metals on host-bacterial interactions. Cell Host Microbe 23, 737 748 (2018). 10.1016/j.chom.2018.05.008pmid:29902439
  6. T. Jaeggi, G. A. M. Kortman, D. Moretti, C. Chassard, P. Holding, A. Dostal, J. Boekhorst, H. M. Timmerman, D. W. Swinkels, H. Tjalsma, J. Njenga, A. Mwangi, J. Kvalsvig, C. Lacroix, M. B. Zimmermann, Iron fortification adversely affects the gut microbiome, increases pathogen abundance and induces intestinal inflammation in Kenyan infants. Gut 64, 731–742 (2015). 10.1136/gutjnl-2014-307720pmid:25143342
  7. N. Wilck, M. G. Matus, S. M. Kearney, S. . Olesen, K. Forslund, H. Bartolomaeus, S. Haase, A. Mähler, A. Balogh, L. Markó, O. Vvedenskaya, F. H. Kleiner, D. Tsvetkov, L. Klug, P. I. Costea, S. Sunagawa, L. Maier, N. Rakova, V. Schatz, P. Neubert, C. Frätzer, A. Krannich, M. Gollasch, D. A. Grohme, B. F. Côrte-Real, R. G. Gerlach, M. Basic, A. Typas, C. Wu, J. M. Titze, J. Jantsch, M. Boschmann, R. Dechend, M. Kleinewietfeld, S. Kempa, P. Bork, R. A. Linker, E. J. Alm, D. N. Müller, Salt-responsive gut commensal modulates TH17 axis and disease. Nature 551, 585–589 (2017). 29143823

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