“Si attacca con la forza frontale, ma si vince con quelle laterali.” (SUN TZU)


Buongiorno Dott.ssa, sono affetta da tiroidite di Hashimoto. E’ vero, come ho letto, che una alimentazione senza glutine può aiutrami? Grazie, Patrizia

La risposta alla domanda è SI ma vediamo perché.

La tiroidite di Hashimoto è una patologia autoimmune molto diffusa [1]

Cosa è una malattia autoimmune? [2]

Il sistema immunitario è un esercito che normalmente protegge il nostro corpo da germi come batteri e virus ed è in grado di distinguere e quindi di attaccare o meno le cellule estranee e dalle proprie.

In una malattia autoimmune, il sistema immunitario va in tilt e non riesce più a riconoscere le proprie cellule e le attacca attraverso la produzione di autoanticorpi .

Nel caso della tiroidite di Hashimoto vengono prodotti due autoanticorpi: contro la tireoperossidasi o TPO che è  un enzima essenziale per la sintesi dell’ormone tiroideo e catalizza l’ossidazione dello iodio e contro la tireoglobulina o Tg da cui vengono prodotti gli ormoni T3 e T4. [1]

I disordini autoimmuni hanno una base genetica molto complessa;  più geni contribuiscono al rischio di sviluppare una patologia autoimmune e inoltre ora è  chiaro che geni comuni sono alla base di più disordini autoimmuni. E’ per questo che chi soffre di una malattia autoimmune avrà  la tendenza a svilupparne altre.

Tornando alla nostra domanda, è  stato dimostrato che la celiachia e la tiroidite di Hashimoto condividono una comune predisposizione genica cioè l’allele DQ2. [3]

Vari studi dimostrano che l’incidenza di pazienti con tiroidite di Hashimoto che hanno anche celiachia varia dal 4-10%. [4]Secondo questi dati, innanzitutto mi sentirei di dire a Patrizia di fare un test per identificare un eventuale celiachia.   Ma..

Se solo il 4-10% delle persone con tiroidite di Hashimoto è celiaca, perché una dieta priva di glutine potrebbe giovare a  TUTTI coloro che soffrono di questa patologia?

La struttura molecolare della gliadina, la porzione proteica del glutine, è simile a quella della ghiandola tiroidea. Se l’intestino è  permeabile, a causa di una cattiva alimentazione o una sensibilità  al glutine, la gliadina riesce a passare  la barriera protettiva dell’intestino ed entra nel flusso sanguigno. Il sistema immunitario riconoscendola come sostanza estranea la attacca per distruggerla ma… Questi anticorpi contro la gliadina non riescono a distinguere tra gliadina e tessuto tiroideo e attaccano anche quest’ultimo. Questo significa che ogni volta che un paziente affetto da   tiroidite di Hashimoto  mangia cibi contenenti glutine, il suo sistema immunitario attaccherà non solo la gliadina che passa nel flusso sanguigno ma anche la sua tiroide.

Questo il motivo per cui una alimentazione senza glutine può  essere utile se si soffre di tiroidite di Hashimoto. Attenzione però che sia una alimentazione  bilanciata e con pochi di quei prodotti commerciali spesso molto raffinati e ricchi di zuccheri seppur senza glutine. Consiglio quindi di rivolgersi ad un professionista che aiuti a stilare un corretto piano alimentare oltre che migliorare la flora intestinale che nei soggetti  affetti da tiroidite è  alterata con una crescita anche  del 50% di flora patogena. Importante da sapere che chi soffre di patologia autoimmuni ha più facilità a sviluppare una carenza di Vitamina D per cui in questi casi è molto importante (anche se in questo periodo storico è utile per tutti: vedi http://specialistanutrizionista.it/blog/e-importante-lamore-ma-anche-il-colesterolo-woody-allen/) tenere sotto controllo i valori di tale proteina e in caso di necessità integrare. [5-6]

 

  1. Zaletel, K. and S. Gaberscek, Hashimoto’s Thyroiditis: From Genes to the Disease. Curr Genomics, 2011. 12(8): p. 576-88.
  2. Brooks, W.H., Mechanisms and pathophysiology of autoimmune disease. Clin Rev Allergy Immunol, 2012. 42(1): p. 1-4.
  3. Gregersen, P.K. and L.M. Olsson, Recent advances in the genetics of autoimmune disease. Annu Rev Immunol, 2009. 27: p. 363-91.
  4. Kumar, V., M. Rajadhyaksha, and J. Wortsman, Celiac disease-associated autoimmune endocrinopathies. Clin Diagn Lab Immunol, 2001. 8(4): p. 678-85.
  5. Vondra, K., [Vitamin D and autoimmune thyroid diseases]. Vnitr Lek. 62(9 Suppl 3): p. 121-125.
  6. Kivity, S., et al., Vitamin D and autoimmune thyroid diseases. Cell Mol Immunol, 2011. 8(3): p. 243-7.

 

 

È importante l’amore, ma anche il colesterolo. ( Woody Allen)


Oramai tutti sappiamo che la vitamina D viene prodotta attraverso l’esposizione solare dal nostro corpo. Forse quello di cui non ci accorgiamo è che il nostro stile di vita non ci permette di produrla a sufficienza.
I nostri nonni quasi sempre uscivano da casa all’alba e tornavano al calare del sole e per l’intero giorno svolgevano il loro lavoro all’aperto sotto la luce del sole e i loro bambini, finiti i compiti, si ritrovavano a giocare per la strada e senza pensarci producevano la vitamina D di cui avevano bisogno. Attualmente, lavori sedentari spesso in uffici o scuole illuminate con luci artificiali e ritmi frenetici e abitudini poco salutari come passare le giornate in centri commerciali, palestre o davanti al pc o alla console ci portano sempre più spesso ad avere carenza di vitamina D tale per cui i 15 giorni all’anno di mare che ci facciamo non sono sufficienti a coprire il fabbisogno dell’intero anno.
Ma vediamo come si forma la vitamina D
La vitamina D si forma nella pelle per fotolisi del 7-deidrocolesterolo, un derivato del colesterolo (quindi qualcosa di buono il colesterolo fa nel nostro organismo!) per azione della luce ultravioletta oppure può essere introdotta con la dieta e assorbita dall’intestino. In entrambi i casi, viene accumulata nel fegato dove viene trasformata in 25-idrossi-D3 o calcidiolo. Nei reni, il calcidiolo viene convertito in calcitriolo che viene rilasciato in circolo e trasportato agli organi bersaglio (intestino, ossa, rene, e pancreas etc).
La vita media del calcitriolo è di 24 ore dopodiché viene trasformato nei reni in 1,24,25 triidrossi-D3, trasportato al fegato ed eliminato con la bile. Questo è il motivo per cui un assunzione giornaliera di vitamina D è molto più efficace dell’assunzione settimanale o mensile.
Detto ciò, l’assunzione di vitamina D può ridurre il colesterolo?
Sicuramente, per dirla in parole semplici: non c’è vitamina D senza colesterolo nel corpo.
Il nostro corpo produce colesterolo nel fegato e lo ottiene anche dalle fonti di cibo che consumiamo. Una delle principali funzioni del colesterolo nel nostro corpo è proprio la sintesi della vitamina D.
Ciò significa che l’assenza di colesterolo contribuisce all’assenza di vitamina D, che è essenziale per la nostra crescita e per il nostro sistema immunitario. La fonte più grande e più accessibile di vitamina D rimane però la luce solare. Con l’esposizione alla luce solare, quindi, il corpo è in grado di sintetizzare la propria vitamina D con l’aiuto del colesterolo del corpo.
Alcune ricerche dimostrano che le persone con livelli più alti di vitamina D tendono ad avere un livello di colesterolo inferiore rispetto alle persone con basso livello di vitamina D. Ciò è possibile SOLO quando le persone spendono molto tempo ad essere esposte alla luce del sole durante le attività fisiche. L’esposizione a luce solare sufficiente, facilita la sintesi di vitamina D.
Tuttavia,non è necessario aumentare il livello di colesterolo per ottenere un livello più elevato di vitamina D.
Quindi se alti livelli di colesterolo possono essere associati a bassi livelli di vitamina D non ci sono studi che dimostrino che l’assunzione ESOGENA di vitamina D riduca il colesterolo.
Per cui, in conclusione l’assunzione di vitamina D è importante ma per altre ragione di cui parleremo brevemente in seguito ma non per la riduzione del colesterolo per il quale sarebbe opportuno regolare l’alimentazione e agire sulla flora intestinale. Infatti ci sono diversi studi che dimostrano che determinati ceppi di L. acidophilus agiscono direttamente sul colesterolo nel tratto gastrointestinale e quindi possono essere utili per ridurre i suoi livelli nel siero [1].
L’assunzione di vitamina D è molto importante nel caso di carenze perché questa vitamina svolge numerose e importanti funzioni.
Ovviamente tutti sappiamo che una delle funzioni della vitamina D è quella di favorire i processi di mineralizzazione dell’osso prevenendo l’osteoporosi. In realtà, la vitamina D svolge tantissime altre funzioni fisiologiche.
Diversi studi suggeriscono un’associazione tra carenza di vitamina D e molti disturbi reumatologici e non reumatologici come per esempio artrite reumatoide [2], psoriasi[3] , fibromialgia [4], sclerosi multipla “MS” [5], asma allergico nei bambini, rinite allergica [6], all’aumento del rischio di depressione o alla depressione stessa [7] etc.

Ed ora largo alle domande… resto a disposizione 😉
1. Gilliland, S.E., C.R. Nelson, and C. Maxwell, Assimilation of cholesterol by Lactobacillus acidophilus. Appl Environ Microbiol, 1985. 49(2): p. 377-81.
2. Cutolo, M., Vitamin D or hormone D deficiency in autoimmune rheumatic diseases, including undifferentiated connective tissue disease. Arthritis Res Ther, 2008. 10(6): p. 123.
3. Soleymani, T., T. Hung, and J. Soung, The role of vitamin D in psoriasis: a review. Int J Dermatol, 2015. 54(4): p. 383-92.
4. Bhatty, S.A., et al., Vitamin D deficiency in fibromyalgia. J Pak Med Assoc, 2010. 60(11): p. 949-51.
5. Cantorna, M.T., Vitamin D and its role in immunology: multiple sclerosis, and inflammatory bowel disease. Prog Biophys Mol Biol, 2006. 92(1): p. 60-4.
6. Erkkola, M., et al., Maternal vitamin D intake during pregnancy is inversely associated with asthma and allergic rhinitis in 5-year-old children. Clin Exp Allergy, 2009. 39(6): p. 875-82.
7. Howland, R.H., Vitamin D and depression. J Psychosoc Nurs Ment Health Serv, 2011. 49(2): p. 15-8.

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